Riso co’ la zuca

riso con la zucca (3)E’ l’autunno la stagione buona, buona per le zucche. Quando si parla di zucca è facile pensare ad Halloween, tralasciando il fatto che innanzi tutto la zucca è un ottimo alimento, energetica, ricca di minerali (calcio, ferro, sodio e potassio) e vitamine (A, B, C e PP). La sua polpa contiene diversi principi attivi, carotenoidi soprattutto, ma non sono da trascurare nemmeno i semi di cui se ne fa uso sia alimentare e sia terapico.
Tuttavia, sarò un nostalgico, ma anche una semplice zucca  mi riporta a tempi oramai lontani, quando, approfittando della stufa a legna accesa nei giorni di freddo, mettevo nel piccolo forno qualche pezzo di zucca e una manciata di semi, e rimanevo lì a scaldarmi le mani, aspettando con impazienza che “qualcosa” fosse finalmente pronto da mangiare.  Abitudine che non ho ancora perso, anche se la stufa a legna è stata sostituita da un forno elettrico.
E non si può tralasciare di certo il riso con la zucca. Bello e fumante nel piatto, accompagnato da un buon bicchiere di vino, mentre il vapore sui vetri delle finestre fa apparire ancora più fitta le nebbia di Novembre.

Riso co’ la zuca

*

Gialo nel piato
fumante e dorato
*
come verzo la porta
ghe sento el profumo
’na lavada ale man
e me sento par primo
*
ma non fago el vilan
resto lì a guardarlo
a spetar la fameia
par insieme magnarlo
*
varda che te te scoti
supia sora el piron
gireghe intorno
a ogni altro bocon
*
e se te scota la boca
non ciapar mia paura
un bicer de vin rosso
eco pronta la cura
*
con un ocio sul piato
e uno ala teia,
manco mal ghe ne ancora,
che bon el riso co’ la zuca
dai valà, femolo fora!
*
**
(gianfrancomarangoni 30/10/2015)

Istà

caldoIstà (Estate)

 

Che non ci siano più le mezze stagioni oramai è un dato di fatto e anche quelle che sono rimaste assomigliano ben poco agli inverni e alle estati con le quali sono cresciuto. Non è questa la circostanza per affrontare discussioni in materia di mutazioni climatiche e delle cause che possono averle indotte. Il caldo e il freddo ci hanno sempre accompagnati, almeno in queste nostre regioni, scandendo il tempo della vita contadina e con essa il passare degli anni. Oggi si è tentati ad estremizzare qualsiasi cosa, fenomeni meteo compresi, e in qualche occasione effettivamente non ci si va molto lontano (bufere, tempeste, “bombe d’acqua”, periodi di siccità ed altri eccessivamente piovosi). E tutto entra a far parte di quella scienza che si chiama statistica e che pone ogni fenomeno al di sopra o al di sotto della normalità. Tuttavia chi può arrivare con la memoria ad alcuni decenni fa credo che si ricordi dei “ghiaccioli” appesi alle grondaie e dei fossi ghiacciati, così come delle estati anche allora roventi, delle siccità e di paurosi temporali. Tutto si svolgeva secondo un ordine naturale e altro non si poteva fare se non accettare quello che il “Cielo” ci mandava. In tutta serenità, guardando al massimo da che pare tirava il vento o di come calava il sole la sera.

Istà
(mariasantissimachecaldo)
*
I na dito “quei del tempo”
che sarà na gran calura
anca st’ano ecezionale
tanto da far proprio paura
 *
pure el nome i gha dà al caldo
solo quelo el te spaventa
ghe ci pensa zà a l’iferno
e ci a na bibita ala menta
 *
e ci se vede su in montagna
in braghe curte e canotiera
a gustarse l’aria fresca,
fastidiosa verso sera
*
Tuto sta a no farghe caso
che l’istà la riva istesso
senza che i te lo ricorda
ogni dì sempre più spesso
*
Alarme ghe caldo, alarme ghe fredo
pieni de ansia in continua emergenza
a spetar che se avera le prevesion
sperando ch’el tempo el ne usa clemenza
*
Epure ancora ricordo
un buteleto descalzo
saltar come un grilo
sul seleze impizo
*
un omo sentà
soto l’ombra de un piopo
che guarda el formento
e pensa par dopo
*
meza anguria moreta
sula tola taià
che stasera se zena
col pan-biscoto pocià
*
la racolina dal fosso che la tien compagnia
la cicala che recita sempre la stessa poesia
*
L’era l’istà dela me primavera,
go girà l’ocio un secondo e la me scapà via
*
***
(gianfrancomarangoni 03/08/2015)

 

Oltre l’orizzonte

20150228 Garda (2)

 

Oltre l’orizzonte

Nell’ imminente sera
altro non cerco
se non la quiete
come docile quell’onda
che nel suo calmo andare
giunge finalmente
ad abbracciar la sponda,
mentre lo sguardo
fermo all’orizzonte
mi fa chiedere una volta ancora
cosa vi sia oltre

**

(gianfrancomarangoni 06/04/2015)

Santa Lucia dela brava gente

Santa_Lucia_

Santa Lucia dela brava gente

Santa Lucia, al posto dei doni
porteme st’ano tanti carboni
che drento ala stua li meto a brusar
che anca st’inverno
me schivo l’inferno

porteme un saco de gran de somenza
ch’el sior de la casa el ga poca pazienza
e par la stajon che la tera se sveja
son zà preparà
co la schena piegà

par un po’ del dotor voria farghene senza
no che s’el ven ghe femo bruta acoglienza
ma le mejo catarse a l’ostaria
far un brindisi ala salute
e le magagne desmentegarsele tute

porteme in leto con la pace nel cor
su par le scale par man del me amor
pronto par n’altra matina de sudori e fadighe
porteme el sol e l’acqua col vento
porteme a fine giornada contento.
**

(gianfrancomarangoni 13/12/2014)

Filastroca dela semplicità

disperato501777_horrorE’ nella consuetudine della maggior parte delle persone fare di ogni singola questione un problema di grandi dimensioni. Il cervello si trasforma in un laboratorio in cui si simulano gli scenari più complessi, tante volte senza via d’uscita. Basterebbe tirare un bel respiro profondo e affrontare la questione con un po’ di serenità per rendersi conto di quanto la soluzione sia alla nostra portata. Vedere e prendere semplicemente le cose per quello che sono come ce lo suggeriscono da tempi antichi i “vecchi saggi” con l’aiuto di questa filastrocca che ho chiamato “Filastroca dela semplicità”:

 

 

Mi go fame, sono e se,
spira al naso e fredo ai piè
Magnando, dormendo, beendo,
gratandome el naso, scaldandome i piè
Me passa
Fame, sono e se, spira al naso e fredo ai piè

semplice, che ve ne pare!

(gianfrancomarangoni 08/12/2014)

Invito a noze

invito-a-nozze“Femo de manco de andar a catarli par un toco, magari i se desmentega. E inveze…”
E’ inutile girarci tanto intorno, oggigiorno un invito a nozze non sempre riempie di gioia e spesso mette in moto le fantasie più bizzarre per trovare una scusa per dire: “Che peccato! NON posso proprio venire!”, tirando un bel sospiro di sollievo e sperando che se la siano bevuta (quasi mai). Già perché “quelli là”, che d’improvviso si sono ricordati anche di te, avevano calcolato tutto: la lista di regali utili fatta nel negozio di fiducia (quelli meno costosi saranno i primi a essere prenotati dagli invitati più svelti) e un “tot di buste” per coprire il costo del viaggio di nozze. E quando si parla di “busta”, mano al portafoglio: bisogna che salti fuori il costo del pranzo, del biglietto d’invito, della bomboniera, del prete che vuole la sua parte sotto forma di generosa elargizione e qualcosa deve pur restare anche ai due sposini. Sperando che il vestito messo per la Comunione del figlio più piccolo vada ancora bene, altrimenti l’esborso come minimo raddoppia. E ironia della sorte succede che poi a tavola non ci si può neanche ingozzare come si addice all’occasione: il diabete, il colesterolo, la gastrite, la colite, i chili da tenere sotto controllo, … che stress! L’invitato ha deciso: ha un altro impegno, inderogabile!
Che tristezza!
Eppure dovrebbe essere un giorno meraviglioso, e a renderlo tale dovrebbe contribuire ogni invitato col suo fare festoso e col suo calore da spargere intorno agli sposi. “Pochi ma boni!” è proprio così che dovrebbe essere, perché la festa la si fa con chi ci vuole bene, senza mettersi a fare calcoli di convenienza. E chi ci vuole bene sarà lì perché gliel’ha consigliato il suo cuore. Forse molto tempo fa, è come se stessimo raccontando una favola, era proprio così. Chi si sposava aveva bisogno di tutto e non si metteva a calcolare il valore dei regali che riceveva. Il pranzo magari era organizzato “in famiglia” per i parenti e gli amici più cari.
E se oggi fosse come allora!? Dopo tutto “ i pochi ma boni, i ghe ancora…”

Invito a noze

Cara moier, gheto sentio la notizia?
la fiola del Gino la sa fato noiza
**
tegnemose pronti a inventarghe ‘na scusa
co’ l’aria che tira le meio darghela sbusa
se i ne invita al completo, in quatro in fameia
par un toco me sa che resta uda la teia
**
No le più come ai tempi che bastava ‘na bela scudela
de tera cota o de vero, o magari ‘na utile ombrela
**
al giorno de ancò de gnente più i ga bisogno
se non de inventarse un viazo da sogno
da pagarse coi schei che i tira su co le buste
e inveze mi resto qua con le scassele ben lustre
che par farli contenti e restar de bon grado
par siè mesi me toca magnar brodo de dado
**
Altro che festa par i sposi contenti
qua la festa i la fa ai amici e parenti
**
Semo proprio malmessi pensar in sta maniera
ma come in tute le fole ghe manca la parte più vera

**
‘Na tola strapiena de gente sincera
che magna e che bala dala matina ala sera
invità dai sposini par far parte dela so storia
messi drento ale foto come un bel promemoria
parchè quelo che conta ala fine del giorno
le che ci te vol ben te ghe ie avui tuti intorno
***

(gianfrancomarangoni 05/11/2013)

Sul Lago Maggiore

Sul Lago Maggiore

Villa Pallavicino (7)

Sul Lago Maggiore

Sul Lago Maggiore
ci passo le ore
a guardare la scia
delle barche a motore

Sul Lago Maggiore
ci sta un pescatore
che racconta storielle
solo a vecchie signore

Sul Lago Maggiore
sento battere il cuore
di due amanti sorpresi
a parlare d’amore

Sul Lago Maggiore
ogni mese ha un colore
assomiglia a un giardino
con ogni tipo di fiore

Sul Lago Maggiore
mentre seguo la scia
di quell’ultima barca a motore
sento il tempo che scorre

nella tiepida quiete d’estate
quando l’acqua accarezza la sponda
e lascio andare il pensiero
sulla cresta di una docile onda.

***

(gianfrancomarangoni 12/08/2014)

La Festa de San Zen

Festa paesanaSan Zeno è uno degli otto quartieri di Cerea in cui annualmente si tiene la “festa” promossa e curata dal Comitato locale. E’ senza dubbio l’evento più importane e più impegnativo per i “volonterosi” che in quell’occasione si mettono a disposizione per la buona riuscita della manifestazione. Succede in quel di San Zeno, ma la stesso accade per il quartiere di San Vito o Palesella, oppure Cherubine, Aselogna, Asparetto, Cerea Centro e Cerea Sud. La si chiami “festa” o “sagra”, la sostanza non cambia di molto, se non per la presenza di qualche giostra e qualche bancarella. Tutti quanti però hanno un filo comune: si mangia, si suona e si balla. Insomma ci si diverte, si passa qualche serata in compagnia davanti a un piatto di risotto, “quello buono”, o di salamelle con la polenta che spargono per i capanni il loro profumo stuzzicante. Ma la cosa più importante è l’occasione per molte persone di ritrovarsi, di darsi appuntamento al tavolo come “l’anno scorso”, fare “quatro ciacole” con l’amico che non si vedeva da tempo e, tra un sorriso e una stretta di mano, prendere l’occasione per brindare insieme a questa vita che nel bene o nel male non finisce mai di stupirci.

La Festa de San Zen

Ala Festa de San Zen
Gente che va e gente che ven
Gente che magna polenta e panzeta
E dopo pedala su la bicicleta

Un giro de valzer e uno de tango
Un bicer de vin bianco da gustarse sudando
Tra ‘na ciacola e l’altra soto el tendon
Con ‘na bava de aria da far compassion

Tanti bravi butei che i sa dato da far
Ghe ci tira su i schei e ci fa da magnar
Porta i piati de riso e sparecia le tole
Fin a note macà che le gambe iè mole

Ma oto metar che bela la sodisfazion
Vedar tuta sta gente nel capanon
Che promete, diman de sicuro vegnen
A gòdarse ancora al quartier de San Zen

***

(gianfrancomarangoni 20/05/2014)

Su & Giù

scala a chiocciola

Su & Giù

Sul letto morbido
Mi prende un brivido
Pensando al torbido
Di un mare gelido

In fondo all’attico
Piuttosto apatico
Sul lato pratico
Un po’ malinconico

Se fuori nevica
Se qui si soffoca
E mi si complica
La fase mistica

A pensarci:

Farei un salto giù da me
Ma non ne ho proprio l’intenzione
Mi sento come un’auto
In attesa di manutenzione

Farei un salto giù da me
Ma ci penserò domani
Respiro a fondo sollevato
Non dovrò cambiare i piani

Però:

E’ poco nobile
Sentirmi fragile
Restare immobile
E vulnerabile

Seduto a leggere
Scoprirmi a fingere
Di non conoscere
Il mio contendere

Così:

Mi cambio d’abito
Resto in incognito
Nemmeno un gemito
Ritorno subito

Sul letto soffice
Di puro lattice
Tutto è più semplice
Con in mano un calice

Ho deciso:

Faccio un salto giù da me
Per riprendere il controllo
Caso mai facessi tardi
E’ che ci son dentro fino al collo

Faccio un salto giù da me
Nonostante l’ora tarda
In qualche angolo è nascosto
Non so che, ma mi riguarda

***

(gianfrancomaranogni 21/02/2014)

Buon Anno

Close up of champagne cork poppingNell’antica Roma del 191 a.C., il Capodanno, che in origine si celebrava a marzo, fu fissato il primo gennaio, mese dedicato a Giano, il dio bifronte che guarda indietro, ossia all’anno che sta finendo, e avanti, ossia all’inizio del nuovo anno. Tuttavia il dio che si celebrava a fine anno era Saturno e durante i festeggiamenti erano i padroni che servivano gli schiavi, era il periodo dei contrari. Danze, suoni di campane, frastuoni di ogni genere, fiaccolate, lancio di roba vecchia dalle finestre. Tutto si svolgeva in quella notte in cui era “lecito impazzire”, in cui ogni gesto diventava un gesto propiziatorio per allontanare demoni e spiriti maligni che mal sopportano i rumori forti o affinché l’anno che sta arrivando sia pieno di prosperità e abbondanza. Usanze he si riscontrano in tutte le culture e che sono ben vive anche ai giorni nostri. Basti pensare ai botti coi petardi, agli spari e all’abitudine che è rimasta in alcune zone di gettare dalla finestra le cose vecchie che non servono più.

Una tradizione contadina vuole che si indossi qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo e qualcosa di rosso: l’indumento vecchio simboleggia l’anno che se ne va, il nuovo l’inizio, il rosso la fecondità e la fertilità. Anche il cibo ha la sua importanza. Le lenticchie, ad esempio, sono simbolo di ricchezza (ogni lenticchia sarà una moneta d’oro) e portarle in tavola è come dare una spintarella al destino nella direzione giusta.

 Fonte: Enciclopedia Treccani

Buon Anno
**
Giro ancora una pagina
del mio solito diario
in questo giorno che è l’ultimo
del calendario
*
Qualche frase soltanto
tra il vecchio ed il nuovo
il passato lo lascio
e prendo quello che trovo
*
Qualche cosa di vecchio,
come le rughe sul viso
che mi mostra lo specchio
*
Qualche cosa di nuovo,
come la gioia e il dolore
e le emozioni che provo
*
Qualche cosa di rosso
che mi calzi a pennello
come la pelle che ho addosso
*
Già mi vedo brindare
a quest’ altr’ anno che viene
con le persone più care
ad augurarci ogni bene
*
E nel mio solito diario,
in quel poco o tanto che resta
con loro scrivo la storia
a tutti Buon Anno, incominci la festa!

**

(gianfrancomarangoni 31/12/2013)

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