Prima sera d’estate, il merlo

Prima sera d’estate, il merlo

Fermo su di un ramo dell’albero, il più alto
all’imbrunire riempi l’aria del tuo canto

quando gli ultimi raggi colorano di rosa
le nubi che il cielo avvolgono come il velo la sposa

nella quiete sera rimango ad ascoltare
il suono dei tuoi versi tra i grilli e le cicale

danzano le ombre contro i muri nell’ora vespertina
mosse da una brezza leggera come musica per la ballerina

risuona il cigolio improvviso di una finestra vecchia
sta una mamma con il bimbo sulle sue ginocchia

il colore del glicine, il profumo del tiglio
i fiori di campo nel rituale sbadiglio

un padre racconta consumate storie di eroi
della luna ad oriente che sa tutto di noi

un ricordo mi sfiora mentre guardo lontano
la scia che scompare di un aeroplano

quando steso su un prato con aria curiosa
cercavo la stella più luminosa

poi di nuovo il tuo canto mi riporta al presente
mentre il sole scompare in fondo al cielo a ponente

e così si consuma l’ennesimo giorno
ti saluto con un fischio mentre faccio ritorno

dentro casa alla stanza col focolare
e una finestra coi fiori da dove guardare

il mondo che andrà un po’ alla volta a dormire
e un nuovo giorno arrivare tutto da scoprire.

**

(gianfrancomarangoni 11/06/2017)

Giardino di Valsanzibio – Villa Barbarigo

Villa Barbarigo, Pizzoni Ardemani è una villa veneta costruita a Valsanzibio di Galzignano Terme nel Seicento, su commissione del nobile veneziano Francesco Zuane Barbarigo. Il parco della villa di Valsanzibio copre un’area di 15 ettari ed è un raro esempio di giardino simbolico seicentesco, che presenta un complesso sistema di fontane tutte funzionanti (fonte Wikipedia). Il giardino ha ricevuto il primo premio come ‘Il più bel giardino d’Italia‘ nel 2003 ed il terzo più bello in Europa nel 2007.

La Puntura

Chi non ricorda l’ultima “puntura”? Grandi e grossi, giovani o vecchi, per tutti è una visione traumatica. E non meno dura è la vita di chi le punture le deve fare, inventando ogni volta nuovi stratagemmi sempre meno convincenti per i  proprietari delle povere natiche bersaglio delle famigerate siringhe.

 

 

 

 

 

La Puntura

 

Fermate li, non sta verghe paura
smola le ciape che te fao la puntura

Ghe meto un secondo, le un colpo de man
cossì te si a posto fin a doman

Cossa oto che sia, la ucia le fina
se te fe el brao te dao ‘na mentina

***

Da na parte o da l’altra poco ghe conta
struco i denti e anca i oci quando sento la ponta

Spero che almanco la man no la trema
che non me toca impenir la culata de crema

par evitar che vegna fora un duron,
me par za de sentirlo grosso come un molon

Gheto finio? Manco mal le passà
dopo te conto come le stà

Fe presto a ridar, a torme in giro vualtri
ma fao el figo anca mi col cul de chialtri !

***

(gianfrancomarangoni 04/05/2017)

 

 

Buon Natale

20161203_154309

Buon Natale

Buon Natale tra le luci e i colori
A chi sta al caldo chiuso in casa
E a chi se ne sta fuori

Buon Natale agli ingegneri e ai sognatori
A chi aggiusta gli orologi
E anche ai muratori

Buon Natale al tassista e al panettiere
Ad un letto d’ospedale
E a tutte le infermiere

Alla cassiera che fa i turni in pizzeria
Buon Natale a chi rimane
E a chi sta andando via

E Buon Natale anche a te, che un altro anno è passato
E Buon Natale anche a me
Che l’ho passato con te

Buon Natale a chi sarà mandato in guerra
E a chi ha dovuto scappar via dalla sua terra

Alla maestra che sa a memoria la poesia
All’illusionista e alla sua fantasia

Buon Natale al mio vicino chiunque sia
Alle stelle in cielo e magari anche alla mia

E Buon Natale anche a te, che è di nuovo Natale
E Buon Natale anche a me
Che lo passo con te

**

(gianfrancomarangoni 30/11/2016)

Dolce Novembre

20150220-4

Dolce Novembre

Dolce Novembre
quanto mi manchi
con le tue foglie secche
dentro i miei occhi stanchi

col sole pallido
che bacia la rugiada
sui fili d’erba
al ciglio della strada

col vento freddo
che batte contro il viso
lo sguardo assente
l’accenno di un sorriso

dentro il cappotto
con la sciarpa al collo
le mani in tasca
e un berretto giallo

sopra pensiero
per strade di campagna
col naso rosso
e il respiro che si bagna

la stufa accesa
dentro un’ osteria
un caffè caldo
in buona compagnia

Dolce Novembre
ancora mi manchi
trascorre il tempo
ma il cuore non fa caso
ai miei capelli bianchi

**

(gianfrancomarangoni 10/10/2016)

Assisi

Visita ad Assisi, Spello e Città di Castello (2 – 4 settembre 2016)

Oggi, 4 Ottobre, San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia. Assisi, tempio di spiritualità da dove è partito il tentativo di riforma nei confronti di un sistema ecclesiastico corrotto e sensibile per lo più agli interessi materiali e politici. Un esempio, al di là di qualsiasi fede, religione e sistema di governo, di cui il nostro mondo ha assoluto bisogno.

 

L’ Eredità

testamentoSono convinto che tutti quanti, chi in prima persona, chi perché conoscono qualcuno che lo è stato, chi per sentito dire, sanno delle vicissitudini conseguenti a un’ eredità. Soprattutto se gli eredi sono molti e soprattutto se mancano quelli legittimi, genitori, figli e nipoti (dei nonni) per capirci. A volte arriva la notizia della morte di un lontano zio, magari pieno di soldi con nessuno al quale lasciare i suoi averi, ed ecco allora accorrere tanti nipotini affranti e speranzosi. Oppure c’è il vecchio nonno da accudire, troppo vecchio per saper amministrare la pensione e il gruzzolo annotato nei libretti in banca. Il suocero che rigirato ben bene va a finire per credere di essere il  padre che non è mai stato.

Si dice che in guerra e in amore tutto sia permesso. Niente in confronto a quello che si farebbe per i soldi. “Mors tua, vita mea” recita una celebre locuzione latina. Con buona pace dei “legami” di sangue e col pensiero rivolto alla “Buon’ Anima” nel momento del trapasso.

L’ Eredità

Porca miseria, el zio Bepi le morto
preparate impressia ch’el ndemo a catar
che no voria che i pensesse che volen farghe un torto

dai che vien tardi, parecia anca i fioi
e par sugarte le lagreme to su dei fazoi

me l’a dito la Gina che la ghe fasea da badante
che par via dei parenti passaria da ignorante

l’era vecio e imbambito ma pien de moneda
messi in banca o ala posta le meio ‘ndar veda

che i sarà tuti in fila come i vampiri
pianzoti busiari e qualche lamento
col pensiero che sconto da qualche parte
ghe sarà de sicuro un testamento

me par de vedarli al funeral
“cielo mai questo, da ‘ndoe vienlo quellà”
i spunta fora come i funghi nel bosco
tuti ala cacia de l’eredità

le proprio vera che finché te si al mondo
gnessun ghe fa caso se te si moro o biondo
gnessun i te domanda come te ste
noi sa mai fato vedar gnanca par un cafè

ma se solo i s’ incorze che ghe spuza de schei
i se presenta de corsa, tuti brai butei
sperando che prima che te tiri ‘na brena
te te ricordi de lori con la carta e la pena

perciò caro mio fin che te pol
godete in barba a tuta sta gente
che quando le ora de far el gran salto
de quel che ghe resta non te porti via gnente

e sbirciar de scondon quelo che i fa
ridendoghe a drio da l’ aldilà

***

(gianfrancomarangoni 14/08/2016)

Impressia: in fretta
Catar : trovare
Parecia: prepara
Imbambito: rimbambito
Tirar ‘na brena: passare a miglior vita
De scondon: di nascosto

Vegno dal Giardin

Cerea - Via GiardinoPer quanti sono cresciuti tra gli anni ’60 e ’70 lungo quel pezzo di strada che unisce Cerea alla frazione di Cherubine era come un segno particolare sulla carta di identità. Spesso lo si diceva con orgoglio “vegno dal Giardin”, era come distinguersi, affermare di appartenere ad una comunità ben precisa.
Vai Giardino è stata una delle tante “Via Gluck” cantata da Celentano, che col tempo si è trasformata. Sono spariti i campi con le vigne, gli alberi e al loro posto oggi si trovano tante villette con bei giardini, ben tenuti, da guardare con ammirazione ma dove è severamente proibito giocarvi sopra.

 

 

§

Via Giardino

Vegno dal Giardin

**

Ghe ‘na strada tuta curve
in doe pas-arghe pian pianin
tuti quei che ghe ‘nda starghe
i dise “Vegno dal Giardin”

Anca mi sera del posto
fra Zarea  e le Carubine
quando ancora ghera i campi
de fasoi e de tegoline

Poche machine pas-ava
e mi sentà su la mureta
coi me amici preferiti
una a una le contava

in quel toco belo drito
da Bissolo a Podestà
dove anca con le moto
i corea che no se sa

La par via ghera de tuto
dal mecanico a le boteghe
ci metea ben i cavej
e ci fasea le careghe

E del largo par zugar
ghe nera fin che sera stufo
a balon o a pistoleri
o tirarghe contro i UFO

E col tempo che pas-ava
altre strade ma ciapà
ghe ci ga fato le valise
e ci inveze le restà

Ma anca quei che ie ‘ndè via
parlando a olte col vizin
sel ghe domanda “da ‘ndo sito?”
el dise “Vegno dal Giardin”

***

(gianfrancomarangoni 13/06/2016)

Scritta prendendo spunto da un commento postato su fb dal mio amico Daniele al quale dedico questi versi, così come li dedico all’altro mio amico Giani (con una sola “n” come si dice in dialetto) e ai tanti che hanno vissuto o che ancora vivono in Via Giardino.

 

Zarea: Cerea
le Carubine: Cherubine, frazione di Cerea
tegoline: fagiolini
mureta: mura di cinta bassa con sopra la rete o la cancellata
i corea che no se sa: andavano veramente forte
careghe: sedie

 

Vienna

Non ha bisogno di presentazioni e nemmeno che si stia qui ad elencare i luoghi, i monumenti, le chiese e tanto altro ancora da visitare. Sicuramente ne salterei più di qualcuno e poi in internet si possono trovare tutte le notizie che servono.
Di Vienna vorrei trasmettere qualche immagine. Divisa dal Danubio, da un lato la parte storica ricca di tante testimonianze della maestosità imperiale, dall’altro si contrappone l’altrettanta imponenza della modernità coi palazzi, i grattacieli di vetro e una delle quattro sedi europee dell’ONU.
Vienna è ciò che ci si immagina. Vienna delle feste, della musica, dei balli a tempo di valzer. Trovarsi dentro al grande salone dei ricevimenti, chiudere gli occhi e fantasticare di far parte di quel mondo spesso rappresentato in modo fiabesco. Ma Vienna è anche delle storie tristi, perché in quel mondo il dolore poteva essere pari è più forte della ricchezza.
Insomma, Vienna da guardare, da ascoltare, da vivere ed i fine, da ricordare.

Belvedere

Belvedere

Graben

Graben

Opera House

Opera House

UNO City Center (United Nations Office)

UNO City Center (United Nations Office)

 

 

 

 

 

 

Écome qua

19620916_Cadalogo_Gianfranco012“Son da Cadalogo”, così diceva chi abitava in quella via del Comune di Cerea, spersa tra le frazioni di Cherubine e Aselogna, dove un gruppo di vecchie case dava dimora a una comunità di agricoltori. La sono nato, alle nove di un lunedì mattina piovigginoso e freddo e la ho fatto le mie prime conoscenze di quel mondo così naturalmente semplice. Di quei luoghi, tuttavia, non ho molti ricordi. All’età di quattro/cinque anni, mi trasferii con la mia famiglia a Cherubine dove feci le prime amicizie, e dopo qualche anno ci avvicinammo a Cerea (semo ‘nde a star al Giardin) dove ho trascorso il resto della mia infanzia e l’adolescenza. Dopo sposato le vicende della vita mi hanno da prima portato in un altro paese e poi a tornare nuovamente a Cerea dove, con mia moglie e i nostri due figli, abbiamo cambiato più volte casa fino a stabilirci in questa in cui  ora viviamo. Di quel bambino, di oltre cinquant’anni fa, ricordo poco, ma dentro mi è rimasto qualcosa che ogni tanto mi fa tornare alla memoria da dove vengo, le mie origini, così umili quanto ricche di quei valori di semplice umanità che, mi auguro, abbiano fatto di me un uomo con qualche buon principio, come si dice dalle nostre parti “che sta nel mazo, a olte tristo e a olte bon”.

 

Écome  qua
***
Écome qua,
me presento da novo
son nato d’inverno
in Via Cadalogo
*
Nela casa col portego
e un bel fogolaro
col seleze  fora
e par sofito el solaro
*
Coi campi e le vegne
con le galine e con l’orto
dove mi o verto i oci
là, me nono l’e morto
*
Là, dove el Lavegno
el va su a mezogiorno
sentà, coi pie ne l’acqua
me piasea guardarme intorno
*
Son cresù in bicicleta
sul piazal dela cesa
zugando a scondirola
coi compagni de scola
*
E ancora ghe penso
a quando sera buteleto
me rivedo spensierà
a tegner la orlanda  in mezo al prà
*
Coi me zinquant’ani e pas-a
go cambià paesi e case
me son fato ‘na fameia
e go un laoro che me piase
*
Ma me son mai desmentegà
da dove vegno e ci son
son sempre quel da Cadalogo
a olte tristo  e a olte bon.
***
(gianfrancomarangoni 21/04/2016)

Cadalogo è una via di Aselogna, frazione del comune di Cerea
Seleze: cortile, aia
Solaro: solaio
Lavegno: fiume/fosso che passa per Aselogna
Scondirola: nascondino
Buteleto: ragazzino
Orlanda: aquilone
Tristo: inteso come chi sbaglia/ che commette errori
Articoli Precedenti Articoli Seguenti