Si definisce castagnaccio il dolce tipicamente autunnale fatto, come facilmente intuibile, con la farina di castagne. Assente dalle tavole dei Paesi tropicali, il castagnaccio viene perlopiù prodotto nei forni delle cucine dell’Italia settentrionale, con varianti che consistono nell’aggiunta di pinoli o di uvetta. C’è anche quello pugliese con uova e cacao amaro, ma quello vero, fatto con l’unico ingrediente che lo distingue da tutti gli altri dolci, appartiene alla nostra zona, la Bassa Veronese. Con l’aggiunta di solo olio d’oliva, zucchero, un po’ di latte e una bustina di lievito viene preparato un dolce unico in quanto a sapore della castagna e deliziosamente soffice. A seconda dei gusti, un po’ di farina bianca lo rende meno “gnoccoso” ma questa è anche la sua caratteristica, infatti da noi lo si chiama anche “gnocca”, motivo per cui invita ad essere accompagnato con un buon vino rosso, magari novello. Ecco, quello che si vede qui a fianco, uscito dal forno di casa mia, è proprio così! Complimenti alla cuoca!
La libertà di cliccare “Non mi piace”
Intendiamo la libertà come espressione dell’individuo nel modo di pensare, parlare e comportarsi nei limiti e nel rispetto della libertà altrui.
Una gestione alquanto complicata se si considera la difficoltà che si può incontrare nel mettere in pratica quanto propone il pensiero, che a differenza delle parole e del comportamento ha limiti indefiniti.
Si pensi alla libertà di un individuo ad essere omosessuale, libertà sacrosanta, riconosciuta, affermata, accettata e sostenuta. E quale indignazione provoca nei salotti “liberali” le resistenze che ancora mostra la nostra società così poco emancipata.
Il rovescio della medaglia: si pensi a quanti vedono nell’omosessualità uno “stato” individuale contro natura. Senza ombra di dubbio, almeno in forma ufficiale data la presenza latente di un’ ipocrisia congenita, diverrebbero destinatari di aggettivi che richiamano razzismo e intolleranza. E la libertà di essere omofobo, che fine ha fatto?
Parlo di omofobia trattandosi di un argomento molto discusso, ma potrei parlare anche di protezionismo o di xenofobia, cosa ben diversa dal razzismo.
Comunque, pure l’omofobia è uno “stato” individuale e quindi da rispettare come l’omosessualità, in quanto libera espressione del proprio modo di essere (per dovere d’informazione, l’avversità che il termine rappresenta nei confronti dell’omosessualità è più un neologismo nell’uso della radice “omo” che tradotto letteralmente significa “stesso” e quindi “paura dello stesso”) .
In questi casi la linea che divide la libertà da un atto di puro razzismo ideologico è oltremodo sottile, ma la paura di sconfinare oltre la linea rossa non deve impedire di garantire il diritto di essere antitetici ai “progressisti” o sedicenti tali.
Omosessualità e omofobia, integrazione razziale e xenofobia, liberalizzazione e protezionismo; aiutati da un dizionario potremmo andare avanti ancora un bel po’, con crescente difficoltà a depennare il termine “contrario” a quello nel quale riteniamo di identificarci.
Il momento che stiamo attraversando è molto delicato, tanto quanto la possibilità di ritrovarsi ad essere minoranza sia in un verso, sia nell’altro. L’augurio è che in ogni caso ne sia sempre garantita la tutela, la libertà di essere differenti, almeno col pensiero.
Per parlare di qualcosa che oramai conosciamo tutti, su Facebook si può cliccare “Mi piace” o rimanere indifferenti, è come poter cliccare anche “Non mi piace”.
Italia, Paese solidale
Italia: un Paese se non proprio solido, davvero solidale
Leggendo il testo aggiornato del Decreto Legge 28 giugno 2013, n. 76, che prevede: incremento degli acconti d’imposta Irpef al 100%, 101% per l’Irpeg delle società e per il solo 2013, incremento dell’acconto delle ritenute su interessi passivi a carico delle banche pari al 110% dell’anno precedente (ma lì di soldi ce ne sono tanti e ben gli stà, direbbero in tanti…), proroga al primo ottobre per decidere se aumentare l’IVA al 22% così si favoriscono i consumi, credito d’imposta spettante per l’assunzione, nelle regioni del Mezzogiorno, di lavoratori “svantaggiati” o “molto svantaggiati”, ecc., mi sono imbattuto quasi per caso in un rimando al comma 171 dell’art. 1 della Legge di Stabilità 2013 (ex Finanziaria), L. 24/12/2012 n. 228. Riporto di seguito il testo dal quale ci si può rendere conto quanto solidale sia il nostro Bel Paese, almeno nei riguardi delle comunità internazionali, forse un po’ meno con i suoi cittadini.
171. E’ parte della spesa complessiva di cui al comma 170 la quota dei seguenti contributi dovuti dall’Italia ai Fondi multilaterali di sviluppo, relativamente alle ricostituzioni gia’ concluse, non coperta dall’articolo 7, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214:
a) International Development Association (IDA) – Banca mondiale per euro 1.084.314.640, relativi alla quattordicesima (IDAXIV), quindicesima ODA XV) e sedicesima (IDA XVI) ricostituzione del Fondo;
b) Fondo globale per l’ambiente (GEF) per euro 155.990.000, relativi alla quarta (GEF IV) e quinta (GEF V) ricostituzione del Fondo;
c) Fondo africano di sviluppo (AfDF) per euro 319.794.689, relativi alla undicesima (AfDF XI) e dodicesima (AfDF XII) ricostituzione del Fondo;
d) Fondo asiatico di sviluppo (ADF) per euro 127.571.798, relativi alla nona (ADF X) e alla decima (ADF XI) ricostituzione del Fondo;
e) Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IF AD) per euro 58.000.000, relativi alla nona ricostituzione del Fondo (IF AD IX);
f) Fondo speciale per lo sviluppo della Banca per lo sviluppo dei Caraibi per complessivi euro 4.753.000, relativi alla settima ricostituzione del Fondo.
E aggiungo anche il comma 172, che ne vale la pena
172. E’ autorizzata la partecipazione dell’Italia all’aumento di capitale della Banca Europea per gli Investimenti con un contributo totale pari a 1.617.003.000 euro da versare in un’unica soluzione nell’anno 2013.
E questa è solo una parte della Legge, e solo quella per il 2013. Siamo o non siamo generosi? Ci stanno a cuore perfino i Caraibi!
L’Italia che ancora ci crede
Nel corso del 2012 il saldo tra imprese nuove iscritte e imprese cessate è stato positivo per 18.911 unità, con un tasso di crescita pari allo 0,31% (non sarà gran che ma è pur sempre positivo). Sono diminuite le ditte individuali e le società di persone mentre sono aumentate le società di capitali nelle quali il rischio è generalmente ascrivibile al solo capitale investito. Il territorio che più ha sofferto è stato il Nord-Est (+0,51%) mentre è stato il Centro a registrare la crescita più consistente (+1,29%). Tra i vari settori di attività economica, la crescita maggiore si è registrata nel commercio, nei servizi e nelle attività di ristorazione e alloggio, contrariamente all’industria manifatturiera, all’agricoltura e alle costruzioni dove si sono registrate le difficoltà più rilevanti.
Le imprese femminili sono cresciute di 3.211 unità, quelle giovanili di 70.473 unità, quelle costituite da cittadini stranieri di 24.329 unità (dati Unioncamere – comunicato del 24/01/2013).
Sono numeri di un’Italia che non ha ancora perso la speranza e che ha ancora la forza di tenere alta la testa e guardare avanti. Sono momenti di indubbia difficoltà, tante sono state le nuove imprese e tante sono state quelle che sono cessate, schiacciate dal peso dei debiti, di un fisco esagerato, dai mancati introiti conseguenti ad un meccanismo che si è inceppato, vittime di un consumismo esasperato che di colpo è venuto meno.
Eppure in mezzo a tutto questo pessimismo reale e mediatico, per fortuna qualcuno non si arrende. No ci sta a vedere crollare i propri sogni, a chinare il capo e subire passivamente. Fa parte di quell’Italia che accetta le sfide con l’obiettivo di vincere a dispetto dei telegiornali.
Purtroppo nel primo trimestre del 2013 l’andamento della natalità e mortalità delle imprese italiane ha registrato un saldo negativo dello 0,51% (anche il primo trimestre 2012 aveva fatto registrare un saldo negativo seppure leggermente più contenuto e divenuto positivo ora di fine anno), nonostante le imprese neo-costituite siano state 118.618 (comunicato Unioncamere del 19/04/2013). Se solo si parlasse anche di loro…
Imposta di bollo (1): conti correnti e depositi
Imposta di bollo (2): prodotti finanziari, facciamo bene i conti
Dal Malleus Maleficarum ad Halloween
Facebook: taggati e condivisi
Figli
E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno di noi
Il pericolo è che oramai non faccia neanche più notizia, tanto ci siamo abituati a sentirne parlare, quasi convinti, o meglio rassegnati, che la situazione non possa altro che peggiorare. Crisi è una delle parole che va per la maggiore. C’è la crisi dei consumi, la crisi del lavoro, la crisi di liquidità, la crisi delle banche, la crisi del governo, la crisi della sanità, e così via. Tanto che siamo entrati in crisi, con noi stessi, perché questo stillicidio continuo di notizie allarmanti ci ha prima spavenati, poi frastornati, quindi sopraffatti, facendoci scordare che in ognuno di noi c’è una fonte di energia, la stessa alla quale l’uomo ha fatto ricorso nei momenti peggiori della sua storia. E a dirlo, molto tempo prima di me, è stato un tizio coi baffi che faceva Albert di nome e Einstein di cognome.
“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere ‘superato’. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e da più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie d’uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno di noi, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non volere lottare per superarla.”
Albert Einstein “Il mondo come io lo vedo” (1931)