Pesse d’april

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C’è poco da dire in merito a questa curiosa ricorrenza che risale probabilmente a prima che venisse adottato il calendario Gregoriano, in coincidenza con i festeggiamenti del Capodanno, tra il 25 marzo e il 1° di aprile. Quello che leggerete di seguito è ispirato ad un fatto realmente accaduto, che mio padre mi raccontò quando ero ancora ragazzino e che mi fa ancora sorridere ogni vota che lo ricordo.
 
 
 
 
 
 
 
 
Pesse d’april

"Varda gh’el Bepi"
da ogni parte se sente
a ogni passo ch’el moe
in mezo ala gente

E lu come el fusse
la star del momento
caminando nol toca
gnanca el cemento

Senza rendarse conto
che tuta la scena
le dovua al cartel
tacà dedrio a la schena

Ancò le giornada
che ogni scherzo è concesso
senza rabiarte
che tanto le istesso

Rideghe sora
tola con stile
su con la vita
le el Pesse d’Aprile

***
(gianfrancomarangoni 01/04/2013)
 
 
 

El pegnatin (la magia de ‘na olta)

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Per secoli streghe e stregoni hanno dimorato nella fantasia popolare, alimentando storie stravaganti raccontate nelle sere d’inverno davanti alla luce tremolante e al calore del camino. Da una generazione all’altra rapivano la curiosità e incutevano paura in giovani e bambini, tra il timore reverenziale di chi le raccontava, di chi portava testimonianze di conoscenti e compaesani. Morie inspiegabili che colpivano stalle e pollai al passaggio di “quella vecchia”,  quella da nominare sottovoce, quella che aveva ricevuto la “conoscenza” al capezzale del letto dalla madre che altrimenti non ce l’avrebbe fatta a trapassare. Fiori che appassivano e si seccavano, rituali per individuare la “stria” (strega) e annullare gli effetti dei suoi màlefici. E comunque  c’era anche chi della “magia” ne faceva uso a fin di bene, per procurare guarigioni, sistemare brutte faccende. In tutto questo mondo di buoni e cattivi trovava il suo posto “el pegnatin”, l’esempio di magia popolare più accessibile e meno impegnativa, praticata di tanto in tanto su commissione dalla “maga” meno improbabile del paese.
 
 
 
 
 
El pegnatin (la magia de ‘na olta) 

Là soto el portego
con la grombiala smaria
impeto al fogolaro
se senta la stria

Le parona de l’arte
tramandà ne l’ultima ora
che so mama spetava
par no patir ancora

La gata rufiana
ghe fa compagnia
come la volesse iutarghe
a imbastir la magia

Con el vento che tira
e la piova che casca
brusa fogo stanote
alza la fiama nela borasca

Na zata de galo
e un cuciaro de oio
drento el pegnato
con l’acqua de boio

Na treza de paia
‘nde l’asedo pocià
la raisa segreta
a fetine taià

E dopo un’ ora ch’el boie
tacà soto el camin
le pronto par l’uso
el pegnatin
 

***
(gianfrancomarangoni 01/04/2013)
 
 
 
per approfondire:

Il mio tempo

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Il mio tempo  
 

Quando il mio tempo sarà consumato
dovrò fare i conti con l’Eternità
per tutte le volte che ho pregato e imprecato
al cospetto del Giudice nell’Aldilà
 

Quando il mio tempo mi toglierà il fiato
di fare domande non avrò più bisogno
del bene e del male avrò di colpo imparato
e a guardarmi la vita come in un sogno
 

Quando il mio tempo mi dirà che è finita
cercherò di non cogliermi impreparato
all’ultima mano di questa partita
e sperare che basti il solo averci giocato
 

Quando il mio tempo busserà alla porta
chissà se sarò pronto ad aprire
nella valigia solo le scarpe di scorta
nemmeno un saluto che già si deve partire
 

Tempo che ho atteso, che sei venuto e passato
proteso all’infinito ti consumo distratto
mentre schivo l’angoscia di un epilogo incerto
che il mio vivere sia! che abbia gioito o sofferto

***

(gianfrancomarangoni 21/03/2013)

Come la rosa

Come la rosa

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Rosa blu dell’inverno

Rosa blu dell’inverno

Immagino un fiocco di neve che cade
e senza rumore alla fine si posa
passando tra i rami spogli d’inverno
sui petali blu di quell’ultima rosa

**

Nel giardino imbiancato tutto il mondo riposa
Sotto il manto leggero di un vestito da sposa

**

Nel silenzio fatato si diffonde la pace
Solo qualche sospiro, non un filo di voce

**

Volo via col pensiero, porto il cuore lontano
Dove il cielo si tocca allungando la mano

**

E lo sguardo si perde in un mare di stelle
Sposa mia sei la stella, bella tra le più belle

**

Dopo un po’ torno giù, né paradiso, né inferno
nel mio giardino ti cerco per non perderti più
fiore unico al mondo, rosa blu dell’inverno

***

(gianfrancomarangoni 13/12/2012)
 

El fogazin

Era domenica, e dalla tavola un profumo dolce si disperdeva in tutta la cucina che costituiva la stanza in cui si viveva per la maggior parte del tempo, anche perché era l’unica che godeva del poco tepore che emanava la stufa o il focolare tenuto vivo dalla legna raccolta lungo i fossi. “El fogazin” era pronto. Il dolce fatto con ingredienti poveri, atteso da grandi e piccini, fra non molto sarebbe stato un momento di festa nel giorno più bello della settimana. Tutti sarebbero stati presenti, tutti uniti. Tutti grati alla Divina Provvidenza. Ma attenzione, bisogna essere parsimoniosi:  “el fogazin” non va  mangiato tutto in un colpo, bisogna “tegner da conto”!



El fogazin

**
Soto la zendar del fogolaro
quacià dale brase del vecio camin
fin che le done le cura i radeci
pian pian se cusina el fogazin
**
Lievito e scorza gratà de limon
acqua e farina, zucaro e ovi
impastè con l’amor dele man dela sposa
iè i soli ingredienti che drento te trovi
**
I buteleti mezi ingranfii
al calar dela sera de corsa i va in casa
e sempre i ghe spera de catar la sorpresa
ecoli lì a testa alta che i snasa
**
E i pensa “che belo catarse in fameia”
quando dorato l’è in mezo ala tola
tra una fetina e un bicer de acqua e vin
magari ghe scapa anca la fola
**
La fa festa con poco sta povera gente
quel poco che basta, un po’ più de gnente
intorno ala tola tuti vizin
come le fete del fogazin
***

(gianfrancomarangoni 04/10/2012)

Grande Madre

Grande Madre

Nei tuoi colori perdo lo sguardo
Nel giallo del grano, nel verde dei monti
Nell’arcobaleno dei prati fioriti
Nel sole rosso di una sera d’estate
Nelle foglie d’autunno
Nel bianco d’inverno come candida veste

 

 

Dei tuoi profumi riempio il respiro
Del muschio dei boschi, della pioggia che scroscia
Dell’uva matura che fermenta nei tini
Del pane fragrante nelle tavole in festa
Dei frutti maturi, dei giardini di rose
Dei tigli maestosi delle vie di paese

 

 

Ascolto:
Il rumore del mare e dell’acqua che scorre
di un torrente montano che la meta rincorre
Il silenzio incantato di una notte stellata
con il grillo che intona la sua serenata
Sulle fronde degli alberi mossi dal vento
il canto dei passeri,
eppure si ode un lamento

 

Poiché di te, Gande Madre, l’uomo ha perso il rispetto
con tiranna superbia incoronatosi re
sul tuo grembo ha regnato soggiogandoti a sé
 

E ti senti tradita, in fondo al cuore ferita
derubata ed offesa eppur non smetti di amare
fai feconda la terra con lacrime chiare

 

Prima che il mondo ponga fine a se stesso
mostragli, o Madre, tutto ciò che si è perso

Un cielo rosso al tramonto che catturi la scena
mostra a quest’uomo ancora un’alba serena

Nell’imminente risveglio che si spera vi sia
per far parte del Tutto in rinnovata armonia

 

(gianfrancomarangoni 17/08/2012)

 

   

 
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